La questione di quando l’universo “si accorge” che lo stiamo osservando sembra fantascienza, ma è al centro di una delle scoperte più inquietanti della fisica quantistica. Gli esperimenti, che affondano le loro radici negli esperimenti mentali del fisico John Wheeler alla fine degli anni ’70, suggeriscono che la realtà non è fissa finché non viene misurata e, anche in questo caso, la nostra scelta su come misurare può influenzare retroattivamente ciò che è accaduto.
L’esperimento della doppia fenditura: un punto di partenza quantistico
Il fondamento di queste conclusioni sconvolgenti è l’esperimento della doppia fenditura. Immagina di sparare luce attraverso due aperture strette. La luce si comporta come un’onda, creando uno schema di interferenza su uno schermo, alternando bande chiare e scure, proprio come farebbero le onde dell’acqua che passano attraverso le aperture. Ciò conferma la natura ondulatoria della luce.
Ma cosa succede quando invii fotoni uno alla volta? Sorprendentemente, anche i singoli fotoni alla fine costruiscono lo stesso schema di interferenza, suggerendo che ogni fotone in qualche modo interferisce con se stesso. È qui che le cose si fanno strane; una singola particella che agisce come un’onda.
L’osservazione cambia tutto
Se si tenta di determinare quale fenditura attraversa ciascun fotone posizionando un rilevatore in corrispondenza delle aperture, il comportamento ondulatorio svanisce. I fotoni ora agiscono rigorosamente come particelle, colpendo lo schermo in punti distinti, senza schemi di interferenza. L’atto di osservare costringe il fotone a “scegliere” tra l’essere un’onda o una particella. Questo non riguarda solo i nostri strumenti; riguarda la natura fondamentale della misurazione stessa.
La scelta ritardata di Wheeler: realtà retroattiva
John Wheeler si è spinto oltre. Ha chiesto se l’universo si sarebbe comportato ancora allo stesso modo se avessimo ritardato la decisione di osservare fino a dopo che il fotone fosse già passato attraverso le fenditure. Una scelta fatta nel presente potrebbe influenzare ciò che è accaduto nel passato?
Wheeler ha proposto un’analogia utilizzando la luce distante proveniente dai quasar, piegata dalla gravità. Scegliendo come misurare questi fasci – di tipo ondulatorio o particellare – potremmo apparentemente determinare retroattivamente il comportamento dei fotoni. Gli esperimenti successivamente confermarono la sua previsione. Anche una scelta ritardata costringe il fotone a “ricordare” ciò che decideremo. Ciò implica che il tempo non è una struttura rigida e l’universo non si stabilizza su uno stato definito finché non lo obblighiamo a farlo.
La gomma quantistica: buttare via il passato
La “cancellazione quantistica a scelta ritardata” va ancora oltre. In questa versione, l’esperimento decide se tracciare attraverso quale fenditura passa il fotone dopo che il fotone ha già colpito lo schermo. Se le informazioni vengono registrate, non si forma alcun modello di interferenza. Ma se l’informazione viene scartata, lo schema riappare. All’universo non importa se inizialmente abbiamo misurato il percorso, purché ne cancelliamo le registrazioni.
Le implicazioni: oltre il buon senso
Wheeler sosteneva che parlare di fotoni “in volo” non ha senso. Ci sono solo misurazioni e osservazioni; l’ordine non ha importanza. La dualità onda-particella non riguarda cosa sono i fotoni, ma come interagiamo con loro.
Ciò che otteniamo, siano esse particelle o onde, è ciò che otteniamo. Ed è solo una volta effettuata questa misurazione che la natura rivela quale aspetto della realtà mostrarci.
Questi esperimenti non suggeriscono che l’universo ci stia ingannando consapevolmente; piuttosto, dimostrano che la nostra comprensione della realtà è fondamentalmente incompleta. L’universo non ha proprietà preesistenti finché non le misuriamo, e le nostre scelte nel presente possono influenzare il passato. Questo ci costringe a confrontarci con l’inquietante possibilità che la realtà non sia un’entità fissa ma un’interazione dinamica tra osservazione ed esistenza.
