Gli scienziati identificano la chiave genetica per prevenire la germinazione precoce dell’orzo

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Ogni anno, miliardi di dollari di raccolti vengono persi in tutto il mondo a causa della germinazione pre-raccolta (PHS), dove cereali e semi iniziano a germogliare sulla pianta prima di essere raccolti. Innescato dal clima caldo e umido, questo fenomeno mette a repentaglio la qualità dei raccolti e contribuisce alle sfide globali della sicurezza alimentare. Tuttavia, una nuova ricerca, guidata dagli scienziati del Laboratorio di ricerca Carlsberg in Danimarca, ha rivelato il meccanismo genetico che controlla la germinazione dell’orzo, offrendo potenzialmente una soluzione a questo problema diffuso.

Le radici del problema: addomesticamento e dormienza

Il PHS non è un evento naturale; è una conseguenza delle pratiche agricole. Quando i primi agricoltori addomesticarono l’orzo, diedero priorità ai raccolti che germogliavano rapidamente dopo la semina. Ciò ha richiesto la riduzione della dormienza naturale dei semi, una pausa vitale che impedisce la germinazione finché le condizioni non sono ideali. Sebbene questa pratica consenta una semina più rapida e potenzialmente due raccolti all’anno, crea una vulnerabilità significativa: se il clima diventa insolitamente caldo e umido prima del raccolto, l’intero raccolto può iniziare a germogliare prematuramente. Ciò rende il grano inadatto alla conservazione o alla lavorazione, incidendo negativamente sul suo valore sia per il cibo che per la produzione della birra.

Svelare il controllo genetico: il ruolo di MKK3

Per studiare le cause del PHS, i ricercatori si sono concentrati su MKK3, un gene già noto per influenzare la dormienza nell’orzo e in altri cereali. Hanno condotto un’analisi completa del DNA di oltre 1.000 varietà di orzo provenienti da aziende agricole e banche dei semi di tutto il mondo. Lo studio ha coinvolto anche la coltivazione di diversi tipi di orzo nei campi per più stagioni, sottoponendo intenzionalmente metà delle piante a condizioni che potrebbero innescare il PHS. Attraverso l’analisi comparativa dei cereali affetti e normali, insieme a studi di laboratorio che hanno esaminato l’espressione genetica e l’attività proteica, i ricercatori sono stati in grado di determinare in che modo i geni MKK3 influiscono direttamente sulla dormienza.

Versioni multiple di MKK3 governano la dormienza

Lo studio, pubblicato su Science, ha rivelato una scoperta fondamentale: la dormienza non è controllata da una singola versione del gene MKK3, ma piuttosto da versioni multiple. L’orzo selvatico possiede una sola copia di questo gene, mentre le varietà domestiche ne hanno diverse. Di conseguenza, maggiore è il numero di geni MKK3 presenti in una pianta d’orzo, più forte sarà il segnale di germogliazione, con conseguenti periodi di dormienza più brevi.

Antiche pratiche agricole hanno plasmato la diversità genetica

I ricercatori hanno anche studiato come queste diverse varianti MKK3 si sono diffuse nel tempo, in risposta alle condizioni climatiche e ai bisogni degli antichi agricoltori. Alcune varianti “iperattive” furono selezionate dagli agricoltori del Nord Europa, apprezzate per le loro qualità di malto superiori. Al contrario, altre varianti meno attive, che promuovono una maggiore dormienza, sono state preferite dagli agricoltori nei climi più umidi, come l’Asia orientale, dove hanno aiutato i raccolti a resistere alle stagioni dei monsoni.

Un futuro di orzo resiliente al clima

Queste intuizioni offrono ai coltivatori moderni un percorso per sviluppare varietà di orzo adatte a regioni e climi specifici. >Il nostro lavoro dimostra che comprendere la complessità genetica della dormienza può aiutare i coltivatori a sviluppare orzo che sia produttivo e resistente ai cambiamenti climatici. Selezionando varietà selettive con varianti MKK3 appropriate, gli agricoltori possono coltivare colture ad alto rendimento e meno suscettibili agli effetti dannosi del germogliamento pre-raccolto. Questa ricerca rappresenta una promessa significativa per migliorare la sicurezza alimentare globale e sostenere pratiche agricole sostenibili.